Tamron 24-70mm f/2.8 VC USD G2

Il tuttofare che sa anche eccellere!

Tamron 24-70mm f/2.8 VC USD G2

Recensione di Manuel Brun :: mbrunphotography.it

L’eterno confronto tra gli obbiettivi zoom e le lenti fisse chiama in causa le solite considerazioni, ovvero che gli zoom sono degli obbiettivi buoni, talvolta buonissimi, ma mai davvero in grado di eccellere poiché votati più che altro alla praticità d’uso, cioè a quel tipo di fotografia per cui è fondamentale ‘portare a casa lo scatto’ (es. matrimoni, battesimi, reportage, etc.). Le lenti fisse, invece, vantano una qualità d’immagine quasi sempre superlativa, in virtù di una migliore trasmissione della luce dovuta alle ampie aperture del diaframma, ma anche grazie a particolari trattamenti del vetro e soprattutto per il fatto di essere più semplici da progettare.

Tra professionisti e amatori, infatti, non è raro sentire affermazioni del tipo “Io preferisco in ogni caso le lenti fisse perché se anche è scomodo cambiare obbiettivo almeno sai di avere sempre la massima qualità” ribattuta da un secco “Ma per carità! Se mi tocca cambiare lente ogni dieci minuti durante un matrimonio vado fuori di testa. Tengo montato il mio 24-70 e con quello ci faccio tutto”.

Questione di gusti e di comprovate esigenze fotografiche, è vero. I tempi però cambiano, soprattutto nell’ambito tecnologico-fotografico, e negli ultimi anni i produttori di lenti fotografiche stanno sfornando degli zoom di fattura pregevole. E non mi riferisco solo ai due colossi Nikon-Canon, ma anche agli altri brand.

Tamron 24-70mm f/2.8 VC USD G2

Uno dei casi più emblematici è rappresentato dal Tamron 24 – 70 f2.8 G2. Sul web non mancano degli approfonditi field test di questo prezioso tuttofare, e nemmeno dei confronti con le alternative proposte da Nikon, Canon, Sigma e Tokina. Pertanto, non è mia intenzione soffermarmi su disquisizioni oltremodo tecniche e magari noiose. Sento però l’esigenza di fornire delle impressioni ‘a caldo’ dopo una serie di prove fatte in diversi contesti che potrebbero rivelarsi utili a chi sia interessato all’acquisto.

Il Tamron 24 – 70 f2.8 G2 è una grandissima lente. Lo dico senza troppi giri di parole.

Stiamo davvero parlando di un gioiello tecnologico. Nitido, capace di restituire dei colori vivaci, contrastati e gradevolissimi, ben costruito, tropicalizzato, dall’autofocus reattivo, dalle dimensioni contenute e dal costo (nuovo lo si paga 1200 € circa) più accessibile rispetto all’abnorme Nikkor 24 – 70 f2.8 VR ED. Unica pecca – piuttosto inquietante a dire il vero - è la possibilità di incappare in un esemplare ‘sfigato’ per il solito motivo che ormai tutti sospettano, e cioè che le lenti di terze parti facciano pagare meno i loro prodotti poiché con ogni probabilità risparmiano sulle procedure del controllo-qualità. Ecco spiegato il motivo di tanti pareri discordanti tra coloro che l’hanno acquistato o perlomeno provato.

Per esperienza diretta, avendo già posseduto il Tamron 24 - 70 f2.8 G2, posso confermare che tra il primo esemplare e quello attuale, acquistato per esigenze di praticità operativa, ci sono davvero tante piccole grandi differenze.

In primis, una migliore qualità d’immagine. Lo so, è difficile crederlo, ma ora noto con estrema soddisfazione dei colori più belli, più ‘pieni’ anche in bassa luce o nel recupero delle ombre, se non addirittura controluce. Tutte cose che prima non riuscivo a ottenere pur usando la stessa reflex, una Nikon D850. Francamente non mi so spiegare il motivo – il trattamento delle due lenti, quello dichiarato dalla casa madre, è ovviamente lo stesso - eppure la differenza l’ho colta sin dai primi scatti.

C’è poi la precisione e la velocità dell’autofocus, anche questa a favore del modello attuale. Qui però rischio di ‘sfondare una porta aperta’ poiché i vari siti dedicati alle recensioni fotografiche pullulano di opinioni discordanti su questo specifico aspetto. Chi lamenta un autofocus sballato, chi ravvisa solo qualche leggero problema di front/back focus peraltro correggibile, chi invece ne esalta l’affidabilità. Grazie al Cielo io rientro nel novero dei più fortunati.

La solidità e l’impermeabilità agli agenti atmosferici sono altri due importanti parametri da tenere in considerazione quando si acquista un obiettivo. Nel primo esemplare la precoce comparsa di pulviscolo all’interno della lente frontale mi ha fatto imprecare come un carpentiere quando manca il chiodo e si martella le dita. Lo ammetto, non l’ho presa bene. Sapevo che nel tempo il movimento rotatorio dell’anello di zoom avrebbe aspirato all’interno dei granelli di polvere, ma non immaginavo che sarebbe successo a poche settimane dall’acquisto. E non ero certo andato a fotografare la Parigi Dakar… Per il momento, invece, controllando quotidianamente lo stato di salute del mio secondo Tamron, che posseggo da circa tre mesi, non ho ancora fatto brutte scoperte. Che dire, incrociamo le dita!

Tamron 24-70mm f/2.8 VC USD G2

Nell'immagine sopra. A sinistra: guaine di tropicalizzazione. A sinistra: schema ottico del Tamron 24-70 mm F/2.8 G2

E il tanto osannato VR (Vibrations Reduction) di casa Tamron? Come si comporta? Piuttosto bene direi, ma con un sensore denso di pixel come quello della Nikon D850 (46 mpx) ha comunque il suo bel da fare per scongiurare il pericolo del micro-mosso. Sono riuscito a ottenere delle immagini nitide e a fuoco anche in situazioni di luce scarsa, come si vedrà negli esempi riportati sotto, ma non me la sento di gridare al miracolo. La lente ha il suo peso, la D850 ha fin troppi pixel, e se non si alzano subito le Iso quando la luce naturale comincia a dirti bye-bye il rischio di produrre delle foto mosse è sempre dietro l’angolo.

Tamron 24-70mm f/2.8 VC USD G2

Nell'immagine sopra l'unità microprocessore (MPU) all'interno dell'obiettivo, con blocchi DSP (elaborazione del segnale digitale) integrati che permettono l’elaborazione ad alta velocità dei segnali digitali, raggiungendo così un’eccellente risposta ai segnali inviati dalla fotocamera e anche prestazioni AF ad alta precisione.

Da ultimo, la praticità d’uso. Il primo esemplare era più fluido nei movimenti dello zoom, questo invece lo sento ancora rigido. Forse col tempo potrebbe allentarsi ma continuo a percepire una certa resistenza che quindi corrisponde a una minore velocità operativa. Niente di drammatico sia chiaro, anche perché non stiamo parlando di una lente pensata per lo Sport o l’Avifauna, ma per delle fotografie più tranquille. Tranquille come le circostanze in cui l’ho ufficialmente provata sul campo.

Alcune prove sul campo

Per l’occasione sono andato al Convento dei Frati Cappuccini della mia città, Schio in provincia di Vicenza. Sapendo che la struttura è antica e suggestiva ma è pure incorniciata da una serie di alberi imponenti, tra le cui fronde si generano talvolta dei giochi di luce interessanti, ero deciso a mettere sotto torchio questa lente che tempo addietro mi aveva lasciato perplesso. Il Convento, ormai orfano dell’amata comunità di frati che un tempo lo gestivano ma che sono stati di recente trasferiti, rimane comunque aperto ai fedeli che si fermano per una preghiera raccolta.

Giunto sul posto, questa volta non da fedele – lo ammetto - ma da fotografo smanioso di provare il suo nuovo giocattolo, entro subito in chiesa e inizio a riprendere l’ambiente e gli arredi illuminati solo dalla luce dei finestroni. Alla focale di 24 mm, in un tardo pomeriggio di ottobre, verso le 16.30 circa, devo dire che il mio Tammy consente ancora di scattare a mano libera mantenendo le Iso su valori molto bassi, cosa fondamentale per preservare la qualità d’immagine con una macchina come la D850. Le alte risoluzioni, infatti, producono immagini dalla gamma dinamica impressionante, ma il prezzo da pagare è un fastidioso rumore digitale appena si superano le Iso a soglie anche basse. Checché ne dica il marketing o certi recensori ‘di parte’ il problema è sempre quello.

Tamron 24-70mm f/2.8 VC USD G2 Tamron 24-70mm f/2.8 VC USD G2

Per le foto di interni la resa è in ogni caso buona, i colori si preservano bene, ma devo sbrigarmi a provare il mio Tamron anche all’aperto finché il sole è alto. Esco quindi nel parcheggio e inizio a fotografare in controluce tra le fronde degli alberi, per capire se il flare venga più o meno contenuto. Anche in questo caso registro una buona prestazione, con il Tamron che filtra benissimo la luce frontale ma si lascia scappare qualche riflesso con quella laterale.

Tamron 24-70mm f/2.8 VC USD G2

Sulla nitidezza non avevo particolari dubbi. Si tratta di una lente di ultima generazione (uscita nel 2017), progettata per risolvere l’enorme mole di dettagli delle macchine ad alta risoluzione. Pertanto, non mi soffermo a fotografare a f8, poiché ad aperture di diaframma chiuse avevo già ottenuto le mie conferme nei giorni precedenti. Volevo piuttosto capire come il mio nuovo Tamron 24 – 70 f2.8 G2 si sarebbe comportato nei ritratti. Dovevo aspettarmi la resa discutibile del primo esemplare, o questo nuovo modello aveva ancora in serbo delle sorprese?

Sembra proprio che in quel giorno di test fotografici il Destino abbia voluto esaudire ogni mia curiosità facendomi conoscere una ragazza così gentile da lasciarsi immortalare mentre giocava con il suo cagnolino e successivamente disposta a farmi pubblicare le foto.

Nelle immagini che la ritraggono il Tamron brilla soprattutto per la resa dei colori, che in post-produzione è stato possibile recuperare nonostante alcuni miei errori in fase di scatto (foto perlopiù sottoesposte). Il recupero delle ombre non è solo affare del sensore, peraltro punto di forza della D850, ma anche della bontà della lente che si sta usando. Se il vetro ha un rivestimento di qualità, capace di assorbire la luce parassita e di preservare il micro-contrasto, allora il sensore cattura la luce necessaria per elaborare l’immagine con tutte le sue informazioni (dettagli, profondità di colore, incarnato, etc.), anche se si fotografa in controluce.

Tamron 24-70mm f/2.8 VC USD G2 Tamron 24-70mm f/2.8 VC USD G2 Tamron 24-70mm f/2.8 VC USD G2

Nell’occasione ero parzialmente protetto dagli alberi, è vero, ma quella che in un primo momento sembrava una tipica foto di silhouette, cioè con il soggetto in primo piano completamente nero e privo di dettagli, aprendo le ombre e riducendo l’inevitabile rumore si è trasformata in un ritratto ambientato dalla spiccata tridimensionalità, dai colori emozionanti, e per giunta valorizzato dalla presenza di questa bellissima ragazza. Anche negli scatti in cui cercavo di inseguire i movimenti del cane, scatenato e imprevedibile per tutto il tempo della prova, ho trovato l’autofocus della lente sempre molto reattivo.

Alcune considerazioni conclusive

In definitiva, se si possono trarre delle conclusioni, sembra che il mio modestissimo field test non dimostri altro che l’indiscussa qualità del Tamron 24 – 70 f2.8 G2 in ogni situazione di scatto. A patto di beccare il modello giusto, è ovvio.

Spiace dirlo, ma persistono ancora certe ombre sull’acquisto delle lenti di terze parti. O si è fortunati e allora si combina l’affare, oppure ci si ritrova a brandeggiare un obiettivo mediocre e inaffidabile.

Buona fortuna (e buona luce) a tutti!

Caratteristiche principali

  • Focale: 24-70 mm
  • Angolo di campo: 84°04' - 34°21'
  • Diaframma Max: f/2.8
  • Diaframma Min: f/22
  • Lamelle diaframma: 9 arrotondate
  • Schema ottico: 17 elementi in 12 gruppi
  • Min. distanza fuoco: 0.38 metri
  • Diametro filtri: 82 mm
  • Tropicalizzazione: Sì
  • Stabilizzazione: Sì
  • Paraluce: Sì
  • Peso: 900 g
  • Dimensioni: 88,4 x 111 mm

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