Il ritratto in fotografia
Introduzione e premesse di metodo

Dagli albori della pittura, il ritratto è stato utilizzato per mettere in mostra i personaggi più illustri di una comunità. A partire dal Quattrocento è diventato un genere autonomo, finendo per alimentare, nei secoli successivi, anche grazie alle nuove e facoltose categorie sociali dei mercanti e dei professionisti - il mercato dell’Arte e il lavoro di pittori specializzati solo sul ritratto.
Nell'immagine qui sotto un celebre dipinto del 1434 di Jan Van Eyck che ritrae i coniugi Arnolfini. Giovanni Arnolfini era un mercante italiano che viveva a Bruges. La scena, come da tradizione fiamminga, è ricca di particolari, molti dei quali hanno un significato simbolico. Mi limito solo al particolare dell'arancia (appoggiata al davanzale, altre sono su un ripiano sottostante): il frutto era considerato un lusso, in quanto veniva importato dal sud dell'Europa. Altre e varie interpretazioni di questo quadro le potete trovare su libri di storia dell'Arte. Quello che però sottolineo è che questo quadro è tra i più antichi esempi di pittura con soggetto un ritratto privato - invece delle consuete scene di vita religiosa.Anche le prime fotografie non potevano fare a meno di alimentare questo genere. Ai suoi esordi, la fotografia era considerata da molti come una semplice copia della pittura. Ma con l’affermarsi della fotografia come genere autonomo e artistico, il ritratto è diventato uno dei generi preferiti non solo tra i professionisti, ma anche e forse soprattutto, dai foto-amatori.
La foto ritratto divenne popolare con Dauguerre, e già nel 1840 venivano allestiti studi fotografici nei cortili, costruiti con ampie vetrate per far filtrare maggior luce possibile. All'epoca le persone ritratte venivano fatte sedere per sopportare le lunghe pose necessarie per le tecnologie del'epoca.
Nel 1854, a Parigi, André Adolphe Eugène Disdéri brevettò la "photo-carte de visite", un cartonicino con otto fotografie dove il soggetto veniva ritratto a figura intera in pose abituali. Il successo che ottenne gli permise di aprire vari studi in diversi paesi.
Prima di iniziare a trattare tutte le possibili sottocategorie del genere ritratto, ricordiamoci che anche qui possiamo - e dobbiamo - prestare attenzione alle generiche regole sulla composizione fotografica, di cui abbiamo parlato in altre pagine di questo sito. Sia per seguirle, sia per andare contro di esse, queste regole ci aiutano a comporre mentalmente l’immagine prima dello scatto, scegliendo in fase progettuale non solo quello che vogliamo fotografare, ma anche quale emozione vogliamo far trapelare. Il ritratto è un genere che, all’opposto della fotografia segnaletica, deve farci immaginare qualcosa che vada oltre a quello che si veda, e che riesca a cogliere gli aspetti del carattere della persona ritratta. Nel Rinascimento erano molti gli uomini d’affari e i mercanti che si facevano ritrarre insieme ad oggetti che in qualche modo erano riconducibili sia alla loro personalità, sia alla loro etica, sia alla loro professione. È la scoperta dell’unicità e del valore di un individuo. Tutte cose che al giorno d’oggi sembrano banali, ma che invece in quelle epoche lontane erano delle vere e proprie conquiste sociali.
Ritorniamo alla fotografia. Quali regole per fare bene un ritratto? Quali le componenti fondamentali che dobbiamo tenere presente? Eccole, in breve:
- La composizione
Utilizzando la regola dei terzi, o analizzando le possibili linee dinamiche nella foto che dobbiamo realizzare, possiamo ottenere delle immagini più o meno dinamiche o statiche. - La luce
I forti contrasti danno luogo molto spesso ad un senso di drammaticità, le luci soffuse o sfumate danno luogo ad un senso di evanescenza, di sospensione dal tempo, di sogno, etc. Una luce diffusa e con poche ombre può favorisce la foto descrittiva. - L’inquadratura del soggetto
Dal basso, dall’alto, centrale, a tre quarti. Come avevamo in parte già accennato in altre sezioni del sito, l’inquadratura può essere considerato in fotografia un elemento della sintassi che produce una semantica. - La gestualità e la prossemica del soggetto
La prossemica è la disciplina semiologica che studia i gesti, il comportamento, lo spazio e le distanze all'interno di una comunicazione. Visto che in fotografia non c’è spazio per il linguaggio verbale, il linguaggio del corpo della persona fotografata diventa un indicatore del suo stato emozionale e trasmette al fruitore dell’immagine una serie di significati che vanno oltre a quello che la fotografia descrive.
