Sigma 24-35mm F/2.8 DG Art

Solido, robusto, incisivo

Sigma 24-35mm F/2.8 DG Art

Recensione di Manuel Brun :: mbrunphotography.it

Quando si sbaglia l’acquisto di una lente fotografica si tende a dare la colpa all’oggetto stesso, additandoci contro qualche malfunzionamento, delle carenze nell’autofocus o nell’impiego dei materiali costruttivi, se non addirittura una qualità d’immagine inferiore alle aspettative pur vedendola esaltata nelle opinioni sul web in maniera ‘corale’. Insomma, troppo scomodo fare mea culpa!

Questa recensione, invece, vuol anche essere anche un’ammissione di colpe per l’acquisto di una lente che, di fatto, resta un grandissimo obiettivo dalle qualità ottiche superlative e solido come pochi, ma che prima di venire incluso nel proprio parco-ottiche necessita di una lunga e ponderata riflessione, cosa che il sottoscritto evidentemente non ha fatto…

La massima qualità

Il Sigma 24-35mm f2 Art è uno zoom dall’escursione focale piuttosto corta, uscito nel 2015 da quell’autentica ‘fucina di capolavori’ che ormai è diventata Sigma, che nel 2013 ha inaugurato la prestigiosa Serie Art, ossia la categoria che comprende gli obiettivi con la più alta qualità d’immagine. Il modello a cui si ispira questo zoom è il rivoluzionario 18-35 mm 1.8 Art, specificamente ottimizzato per i sensori ridotti, ma capace di mettere alle corde anche i più blasonati 24-70 mm 2.8 per full-frame grazie alle sue straordinarie prestazioni. E forse proprio qui sta il tranello. Mi spiego...

Chi ha la fortuna di incappare nel meraviglioso 18-35 mm 1.8 Art si abitua troppo presto alla massima qualità. Paradossalmente questo è il problema, detta in parole povere. La lente è stata prodotta nel 2013 proprio come banco di prova per la nascente Serie Art, e al momento dell’uscita ha messo sul piatto della bilancia un mix di pregi - nitidezza, luminosità, colori, materiali costruttivi, apertura massima costante - davvero introvabili in altri vetri dello stesso segmento. Tante sono le qualità dell’ottica che si è disposti a ‘sorvolare’ su una pecca storica delle produzioni-Sigma, ossia le incertezze dell’autofocus. In pratica, il 18-35 Art provoca assuefazione, ci si innamora subito di questa lente, e quando si decide di passare al formato pieno… ahia! Cominciano i problemi.

Sigma 24-35mm F/2.8 DG Art

Infatti, ci si accorge che dall’altra parte della staccionata non esiste un equivalente per questo obiettivo che prima ti faceva sentire addirittura più grande dei grandi! Si, perché il 18-35 Art è stato osannato in moltissime recensioni come una lente capace di regalare una nitidezza talvolta superiore alle (in teoria) più performanti ottiche per fx, nonché una tridimensionalità delle immagini molto simile. Ed è vero!

Da possessore di una Nikon D5300 – spassosa reflex amatoriale – posso confermare ogni qualità sopra elencata avendole abbinato per alcuni anni proprio il 18-35 mm f1.8 Art. Poi, con l’acquisto di una Df e in seguito della mastodontica D850, pur apprezzando i molteplici vantaggi del formato full-frame, non ho più trovato una lente tanto valida e al contempo duttile, nemmeno quando ho provveduto all’acquisto del Sigma 24-35 f2 Art.

Questo zoom possiede infatti la stessa qualità d’immagine, la stessa nitidezza, gli stessi colori etc. (il tutto ovviamente rapportato alle maggiori performance dei sensori full frame, sia chiaro) ma non può certo esprimere la medesima praticità d’uso del primo. Insomma, il piccolo 18-35 mm f1.8 Art è davvero un parente scomodo, una ‘brutta bestia’ con cui confrontarsi.

Sigma 24-35mm Art: una lente per molti usi

Anche il Sigma 24-35mm f2 Art è un’ottica adatta a molti usi, come ad es. la fotografia di architettura o la paesaggistica, ma anche il reportage e la street photography, e in certi casi addirittura la ritrattistica (es. i ritratti ambientati). Eppure, per ognuno di questi generi c’è sempre un ‘ma’ da tenere in considerazione.

Lo zoom è dotato di un’apertura costante molto ampia e si è invogliati ad acquistarlo proprio per questo. Cavolo, si tratta di una lente Art ed è come disporre di tre lenti fisse (il 24mm, il 28mm e il 35mm) estremamente luminose, ma racchiuse in un unico barilotto! Il momento dell’unboxing poi è davvero godurioso, poiché la lente è bella da vedere ma anche da toccare, anzi si ha proprio la sensazione di maneggiare un gioiello prezioso e oltremodo delicato, anche se delicato non è. La lente infatti è costruita in maniera esemplare e le sue dimensioni (peso: 940 gr. - diametro filtro: 82 mm.) sono lì a ricordartelo ogni volta che la togli dalla custodia e la monti sulla reflex.

Sigma infatti dichiara di usare il TSC (Thermally Stable Composite), ossia un materiale innovativo pensato per integrare al meglio le prestazioni delle parti metalliche con quelle in policarbonato. In questo modo le lenti godono della massima robustezza e non soffrono alcuna dilatazione termica nelle condizioni meteo estreme. E i risultati si vedono, poiché la lente non si appanna, il barilotto non si surriscalda, la polvere non entra nelle parti interne pur non essendo una lente tropicalizzata… per certi versi, sembra proprio che Sigma abbia anche tenuto conto del cosiddetto ‘fattore human-touch’, un aspetto che il vero appassionato di fotografia non denigrerà a mera futilità da esaltati, poiché sa bene che il piacere di fotografare passa anche attraverso delle sensazioni di tipo tattile, che in minima parte influenzano pure la resa finale delle immagini.

Disporre infatti di un oggetto considerato allo stato dell’arte, dalla meccanica di altissima precisione, con delle ghiere che scorrono in maniera fluida e regolare, porta istintivamente a ‘gustarsi ogni singolo scatto’ quasi preferendo rallentare i movimenti per soffermarsi con attenzione sulle regole della composizione, sull’incidenza della luce, e su molti altri aspetti che forse con una lente più leggera ma meno ‘nobile’ - passateci il termine - tenderemo a trascurare.

Sigma 24-35mm F/2.8 DG Art

I diversi 'ma'...

Tuttavia, come dicevo sopra, esistono diversi ‘ma’.

La lente è pesante e non è dotata di stabilizzatore. Ecco allora che se si affronta lo street o il reportage entra in gioco il problema del micromosso, quando la luce inizia a scarseggiare. Certo, scattando alle massime aperture e alzando un po' le Iso si portano comunque a casa degli scatti notevoli, poiché le lenti Sigma sono notoriamente ‘generose di nitidezza’ anche a diaframma aperto, ma qui subentra un altro inconveniente altrettanto noto per gli obbiettivi di questa azienda, e cioè le incertezze dell’autofocus. Pertanto, se dobbiamo documentare un concerto, uno spettacolo teatrale o un qualsiasi altro evento in notturna, l’utilizzo di questa lente potrebbe rivelarsi problematico, specie coi corpi-macchina ad alta risoluzione. In questi casi è forse più saggio riparare tra le braccia di mamma Tamron, che con le sue fantastiche prime lenti (35 mm 1.8 e 45 mm 1.8) della rinnovata serie G2, dotate di stabilizzatore (VC), fornisce delle alternative sicuramente più affidabili.

Sigma 24-35mm F/2.8 DG Art

Fotografia di paesaggio e di architettura con il Sigma 24-35

La fotografia di paesaggio e di architettura sono invece i campi d’uso privilegiati per questo zoom. Nelle belle giornate con un cielo terso si può viaggiare senza treppiede e catturare ugualmente delle immagini mozzafiato, con un livello di nitidezza sbalorditivo, dai colori vivaci e bilanciati, ma soprattutto prive di quelle fastidiose dominanti di colore che i puristi dall’occhio lungo sanno ‘smascherare’ quando esaminano le lenti di terze parti. L’ottica però è pesante, è giusto ricordarlo. Non si tratta di una di quelle ‘lenti da passeggio’ come i leggeri Nikkor della serie G o il Tamron 35 mm f1.8 SP. Alla lunga, la fatica di portarsi dietro questo piccolo macigno (940 gr di peso) potrebbe far rimpiangere il fatto di non essersi orientati su altre scelte.

Questo zoom è tuttavia uno dei pochi obbiettivi in grado di ‘risolvere’ davvero i dettagli delle moderne reflex ad alto pixellaggio. Basti pensare che le ottiche della serie Art vengono collaudate con il sistema proprietario MTF denominato “A1” basato sul sensore a immagine diretta Foveon da 46 megapixel. “Dettagli che prima, nelle alte frequenze non erano rilevabili, ora lo sono, grazie al nostro sistema di controllo qualità” dichiara infatti Sigma sulle pagine del suo sito. Ora capisco perché il 24-35 mm f2 Art è l’unica lente (assieme al 14-24 mm f2.8 Art) tra quelle che possiedo capace di soddisfare l’esigentissimo sensore della mia Nikon D850, che guarda caso conta 45,7 milioni di pixel, una cifra quasi identica ai 46 dei sensori Foveon.

Sigma 24-35mm F/2.8 DG Art

Uno zoom per la ritrattistica?

Ma nella ritrattistica come si comporta il nostro zoom? Per la verità, le sue focali non sono le più indicate per questo genere, a meno che non si vogliano realizzare dei ritratti ambientati o degli scatti ravvicinati esageratamente espressivi, a costo di introdurre delle distorsioni nell’immagine. In ogni caso, a diaframma aperto le aberrazioni cromatiche sono appena ravvisabili, e comunque correggibili in post-produzione. La resistenza al flare e alle immagini fantasma è molto buona (ma non perfetta) e anche scattando in contro-luce si ottengono delle foto superlative. A dire il vero, le maggiori sorprese sono arrivate proprio scattando con il sole contro. Gli eventuali riflessi visibili nelle foto sono pochi e comunque piacevoli da vedere, regalando all’immagine un effetto artistico. I colori si conservano alla grande e schiarendo le ombre si vede tutta la bontà di questa lente che, come dicevo sopra, fa davvero giustizia al sensore della mia D850.

Che dire infine della caratteristica che forse mi sta più a cuore quando si parla di lenti fotografiche, ovvero la tridimensionalità delle immagini? Nel caso del Sigma 24-35mm f2 Art siamo di fronte a un’ottica dotata di un bokeh morbido, molto piacevole. La transizione tra le parti a fuoco e quelle sfocate è graduale, non presenta quello stacco deciso ravvisabile invece in molti vetri Tamron. Tuttavia, questo è un vantaggio relativo. Perché se si sta realizzando uno shooting di ritratto allora è un bene che la sfocatura sia graduale, in modo che il soggetto appaia come avvolto da una dimensione nebulosa e fiabesca, quasi onirica. Se invece stiamo parlando di street photography, tenderei a preferire i Tamron, uno su tutti il favoloso 35 mm f1.8 SP. Qui lo stacco tra parti a fuoco e sfondo è impressionante e le immagini prodotte godono di una tridimensionalità per cui si ha davvero l’impressione di essere dentro la scena, di viverla quasi. Per lo street (ma anche il reportage) questa peculiarità a mio avviso è molto più importante che per la ritrattistica, un ambito in cui la lente, a dire il vero, avrebbe goduto di una marcia in più se la sua escursione focale si fosse spinta fino ai 50 mm, ovvero gli equivalenti 35 del piccolo 18 -35 mm 1.8 del formato aps-c.

Sigma 24-35mm F/2.8 DG Art

Qualche conclusione

In definitiva, vale la pena acquistare il Sigma 24-35mm f2 Art? Si, ma a patto di essere consapevoli che si dovrà fare una certa fatica per portare a casa le strepitose immagini che sa produrre. Infatti, capiterà sicuramente di trovarsi prima o poi nel mezzo di una sessione di reportage e di rimpiangere un meno performante ma più pratico 24-70 mm f2.8, che avrebbe permesso di catturare un volto in primo piano o una situazione troppo lontana per le focali che stiamo montando. Capiterà anche di stancarsi velocemente del suo peso e di innervosirsi perché, entrando in un qualche ambiente poco illuminato, si dovranno alzare le Iso e anche di molto, per scongiurare il rischio del micromosso, aggravato tra l’altro dal peso dell’ottica stessa.

Tutti questi aspetti vanno considerati attentamente prima di acquistare questo favoloso zoom, che resta pur sempre un gioiello tecnologico, ma che non è certo facile da gestire.

Si ringrazia per la redazione dell'articolo e per le immagini il fotografo e storico-documentarista Manuel Brun.
Maggiori informazioni su mbrunphotography.it

Caratteristiche principali

  • Focale: 24-35 mm
  • Anno di uscita: 2015
  • Diaframma Max: f/2
  • Diaframma Min: f/16
  • Lamelle diaframma: 9 arrotondate
  • Schema ottico: 18 elementi in 13 gruppi
  • Min. distanza fuoco: 0.28 metri
  • Diametro filtri: 82 mm
  • Tropicalizzazione: No
  • Peso: 940 g
  • Dimensioni: 87 x 122 mm

Foto di esempio con il Sigma 24-35mm F/2.8 DG Art

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